
Ci sono ristoranti che semplicemente non sono come gli altri. Intendiamoci, a parole ciascun ristoratore, ciascuno che sostiene con veemenza la sua unicità, e ci mancherebbe altro. Ma poi la verità – e lo dice chi nei ristoranti trascorre tantissimo tempo – è che quando ti imbatti in un luogo speciale lo riconosci subito. E a questa categoria appartiene certamente Trattoria Contemporanea di Lomazzo, tra Milano e Como, una stella Michelin molto precoce e mai in discussione.
A rendere l’unicità di questo ristorante basti un dettaglio. Chiedo un’intervista allo chef Davide Marzullo e mi sento rispondere che lui interviste a titolo personali non ne rilascia perché vuole far passare il concetto di squadra. Quindi semmai intervisto tutto lo staff. Soluzione complicata, però ammiro l’idea e il coraggio di portarla avanti in un mondo che continua a ruotare attorno al culto della figura dello chef come titanico uomo solo contro tutti. Qui no. Quindi racconterò Trattoria Contemporanea come un collettivo; cinque ragazzi ognuno con la sua personalità, Marzullo e il suo estro creativo in cucina, Andrea Noto e Christian Malatacca con lui in cucina, Elena Orizio in pasticceria, Mattia Piotto in sala. E il resto dello staff composto da giovani entusiasti e al contempo rigorosi. Qui avere trent’anni vuol dire essere tre i vecchi, la spietata legge della giovinezza.
La gestione è davvero condivisa, in accordo anche con i fondatori (Milva Bernasconi, Luca Bernasconi, Stefano Giusto e Luca Di Pierro), che decisero qualche anno fa, nell’ambito del progetto di rigenerazione di un vecchio e bellissimo cotonificio ottocentesco trasformato nel polo di innovazione Fabbrica campus, di un ristorante colorato come un museo di arte contemporanea e come questo sorprendente, che non fosse una capsula isolata dal contesto, ma un luogo che dialoga con tutto il resto della struttura e che anzi a pranzo funziona come sorta di mensa chic dei creativi che affollano questa Silicon Valley comasca. “Qui in Trattoria stiamo vivendo una piccola rivoluzione senza nemmeno accorgercene. Conviviamo quotidianamente in un progetto sano, puro, autentico. Da noi non c’è gerarchia, siamo una brigata di giovani con un’età media di 23 anni. Stiamo crescendo insieme, alcune situazioni sono più difficili da gestire rispetto ad altre, ma ognuno di noi entra qui dentro ogni mattina con il sorriso sulle labbra pronto a portare il proprio valore nel progetto in cui crede. E ne siamo fieri, questo spirito di squadra ci ha permesso di mantenere lo stesso staff intatto da oltre un anno e mezzo”, raccontano in coro i quattro chef e il maître.
La cucina di Trattoria Contemporanea mescola le carte della tradizione italiana, non profanandola ma interpretandola senza formalismi ed etichette. Appena ti siedi qualsiasi età tu abbia ti senti dire: “Diamoci del tu”. Il nome, trattoria, non è scelto a caso, l’abbattimento della quarta parete tra sala e pubblico del fine dining è evidente. Ho visto un giovane cliente (gli under 30 accorrono qui in una misura mai vista negli altri ristoranti stellati) talmente a suo agio da mostrarsi quasi sdraiato sun un divano-seduta. Non proprio uno spettacolo indimenticabile, ma che bello questo senso di libertà. Altro concetto fatidico quello della condivisione, di cibi, di idee, di emozioni. Detto così sembra banale, già sentito, ma questa sensazione da TC si taglia davvero a fette. “In questi due anni e mezzo – dicono i soliti cinque - abbiamo conquistato piano piano la fiducia dei nostri clienti e vissuto un percorso di crescita che continua a stupirci e regalarci soddisfazioni. All’inizio le persone venivano da noi per il cibo, poi si è passati a ricevere complimenti per il servizio; ultimamente si parla sempre più di esperienza, dello stare bene, del condividere tempo di valore, del sentirsi a casa. E ancora dell’informalità controllata, che consiste nell’essere genuini e saper mettere le persone a proprio agio pur curando il servizio in ogni suo dettaglio”.
D’accordo, ma i piatti? I menu? Devo parlare anche di quelli, naturalmente. A cena (del pranzo parleremo in fondo) ci sono tre menu: il vegetarino Istinto (95 euro), il più classico Passione (115) e l’estremo Coraggio (135) con largo uso del quinto quarto. Il benvenuto e composto da quattro bocconi: Crocchè di patate, Giore di loto creata con due chips di pasta brik con mascarpone e miele, un Airbag creato da sue sfoglie gonfiate, con maionese alle alghe, tamarindo, aceto, polvere di alga nori e alga wakame, Spumone in versione pizzaiola. Poi una Crème caramel salato al cappero con olio all’erba cipollina. Dopo il servizio del pane, qui particolarmente opulento (c’è un apposito carrello ricco di trovate ironiche e gestuali con vari grassi e un assortimento di Sali da tutto il mondo).
Il percorso comincia ufficialmente con un Nugget di vitello (poi si rivelerà di cervella, la prima di una serie di “bugie bianche” che io non sempre vi svelerò per non rovinarvi la sorpresa) panato con farina di riso e cereali, pera marinata in senape in grani. Segue una sorta di bruschetta con una base di trippa al finocchietto cotta alla brace, sopra una brunoise di finto pomodoro (di cosa si tratta non ve lo dico), il Pisello alla brace marinato nella soia con salsa aioli e ruta (magnifico, davvero) servito con un cocktail analcolico dello stello baccello.
Si va avanti: Bottone fatto in casa con cipolla stracotta su base di mosto d’uva addensato con olio all’allore con katsuobushi di vitello, Fungo orecchione con miso e agrumi piacevolmente acidulo, un Involtino primavera con maiale che va intinto nella salsa di menta, cetriolo e yogurt, un Biancostato di manzo con crema di mais.
Chiusura dolce con gelato al lampone e banana che viene servito con il supporto di una bocca di plastica da mettere tra le labbra (e tutti diventano instagrammabili), una rivisitazione della Pavlova, e una Mandorla, amarena e saba. Poi il carnevale degli ultimi petit fours. Il pairing prevede, oltre a etichette di vine lontane dal mainstream, numerosi assaggi analcolici come una tisana e una kombucha in lattina, sicché chi è arrivato in macchina non deve preoccuparsi troppo per il viaggio di ritorno.
Vi avevo premesso un focus sul pranzo, che merita di essere
sottolineato: un antipasto, una portata principale, acqua e caffè a 30 euro, due portate principali, acqua e caffè a 35, un antipasto, due portate principali, acqua e caffè a 40. Davvero pensate di poter mangiare stellato a meno?