Mediobanca in ritirata, teme la Caporetto

Il consiglio rinvia con un blitz l'assemblea odierna sull'operazione Banca Generali

Mediobanca in ritirata, teme la Caporetto
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I vertici di Mediobanca suonano una clamorosa ritirata strategica. Alla vigilia dell'assemblea dei soci fissata per stamattina in Piazzetta Cuccia con all'ordine del giorno l'Ops su Banca Generali, ieri si è riunito a sorpresa il cda straordinario dell'istituto e ha rinviato l'assise al 25 settembre (non all'unanimità, perché uno dei due consiglieri in quota Delfin si è astenuto e l'altro ha votato contro).

Nella nota di Piazzetta Cuccia si legge che «l'attività di engagement pre-assembleare ha confermato l'esistenza di un largo supporto del mercato all'Offerta, testimoniato anche dai pareri favorevoli unanimi dei proxy advisors». Ma allora perché è scattato il contrordine compagni? Per il rischio concreto di perdere in assemblea con i pronostici che davano un 42% per la cordata Caltagirone-Delfin e un 38% per Mediobanca. Nelle ultime settimane ci sono stati altri posizionamenti sul fronte del no con un rastrellamento sul mercato di quasi l'11% del capitale. Unicredit è spuntata con una quota di circa l'1,9% e anche le eventuali astensioni avrebbero contato come voto negativo, spostando l'ago della bilancia sul piatto avverso all'ad Alberto Nagel.

Nel comunicato diffuso ieri, però, la decisione viene motivata così: giovedì 12 giugno i vertici del Leone hanno segnalato «per la prima volta di aver avviato un processo di analisi della proposta avanzata da Mediobanca e delle sue implicazioni commerciali, economiche e di valore». Un elemento «di novità», aggiungono da Piazzetta Cuccia, che richiede di tener conto delle disponibilità e delle tempistiche di Generali, «alla luce dell'auspicio» espresso da alcuni soci titolari di un investimento sia in Mediobanca sia in Generali di conoscere la posizione della compagnia sull'offerta. Le motivazioni messe nero su bianco ieri da Mediobanca contraddicono, però, la replica data a Francesco Gaetano Caltagirone il 3 giugno quando l'imprenditore romano, socio con circa il 10%, aveva chiesto a Mediobanca proprio di rinviare l'assemblea lamentando l'assenza di una «corretta informazione» sulla partnership strategica che dovrà legare Piazzetta Cuccia, Banca Generali e il Leone. Ebbene, Mediobanca aveva risposto picche sottolineando che «procedere con la convocazione dell'assemblea prima della negoziazione degli accordi distributivi» con Generali, «processo che potrebbe richiedere mesi di lavoro», era una scelta fatta «nell'esclusivo interesse alla trasparenza verso il mercato, le authority e Generali». Insomma, prima si fa l'assemblea e poi si comincia a negoziare. Ieri la clamorosa giravolta: prima si negozia e poi si chiamano i soci. Ma perché rinviare, non di giorni ma di mesi, al 25 settembre? La nuova data dell'assemblea cade a ridosso della partenza dell'offerta che era attesa proprio tra fine settembre e inizio ottobre. Nella nota diffusa ieri dalla banca di Nagel viene sottolineato che «l'offerta rimane valida in tutti i suoi termini, ivi la compresa la conclusione attesa per settembre/ottobre 2025». I soci di Mediobanca devono esprimersi sull'Ops in quanto, a causa dell'offerta di Mps, la banca è sotto passivity rule. Paletti che però cadranno se entro il 25 settembre l'Ops del Monte si sarà conclusa e quindi non ci sarà più bisogno dell'assemblea. Ma a quel punto, se l'offerta dei senesi superasse il 51%, sarà inutile convocare i soci su un'operazione che non si farà mai.

A meno che qualcuno in Piazzetta Cuccia non speri negli sviluppi delle inchieste giudiziarie per frenare la scalata di Luigi Lovaglio. In discussione non ci sono, però, le decisioni del cda di Rocca Salimbeni su Mediobanca già approvate dall'assemblea di Siena a stragrande maggioranza.

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