
Gentile Direttore Feltri,
in Calabria replicheremo lo stesso copione andato in scena in Liguria? Un governatore guarda caso di centrodestra indagato, magari costretto alle dimissioni dopo settimane di fuoco mediatico e pressioni politiche, come accaduto a Giovanni Toti? Mi chiedo se non sia l'ennesima prova dell'ormai cronica intromissione della magistratura nella sfera politica, con l'obiettivo nemmeno più tanto velato di decidere chi può e chi non può amministrare la cosa pubblica.
Giacomo D'Ascola
Caro Giacomo,
la domanda è legittima. E la risposta, temo, è sconcertante nella sua ovvietà: sì, è altamente probabile. Perché in Italia dove spesso la toga pesa più del voto basta un avviso di garanzia per mettere alla gogna un uomo, screditarlo, e distruggere la fiducia che il popolo ha riposto in lui. E se quell'uomo è di centrodestra, meglio ancora per certi ambienti.
Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria, è stato raggiunto da un avviso di garanzia. Non una condanna, non una sentenza, neppure un rinvio a giudizio. Solo un atto dovuto, che oggi vale quanto una condanna preventiva nel tribunale dell'opinione pubblica. Per i progressisti, la sola notifica basta a gridare allo scandalo, a chiedere le dimissioni, a dare il via alla solita tarantella moralista che serve solo a mascherare la loro sete di potere.
Ma io continuo a credere nel principio costituzionale della presunzione di innocenza. Lo so, oggi è un concetto superato per molti, un fastidio. Vale solo per i compagni, per gli amici degli amici, per quelli con il pugno chiuso e la bandiera arcobaleno. Gli altri i nemici politici devono marcire nel sospetto, possibilmente prima ancora che si apra un fascicolo serio in procura.
Occhiuto ha fatto ciò che un uomo serio deve fare: ha comunicato tutto subito, senza furbizie, senza omissioni. Ha detto con chiarezza: «Indagate pure, ho la coscienza pulita». Un comportamento raro, oggi. Trasparente, dignitoso. Ma non basta. Per certi avvoltoi della politica e della stampa, l'importante è azzannare.
In Calabria, poi, essere presidente di Regione equivale a camminare con un bersaglio sulla schiena. Basta poco perché si insinui il sospetto, la diffamazione, il pettegolezzo velenoso: «Sarà colluso», «Avrà amici negli ambienti sbagliati», «Figurati se non ha fatto favori». Nessuna prova, solo illazioni. E oggi si tenta di cucire addosso a Occhiuto il vestito del corrotto, del politico d'apparato, dell'uomo sporco. È un abito che non gli appartiene.
E allora, caro Roberto, ascolta chi ha qualche annetto sulle spalle e conosce bene la macchina del fango: tieni la posizione. Resta al tuo posto. A testa alta.
Perché la Calabria non ha bisogno di martiri, ma di amministratori che non si piegano ai ricatti, né mediatici né giudiziari. Ne uscirai più forte. E chi oggi ti punta il dito contro, domani fingerà di non averti mai visto.